L’alfabeto arcobaleno del Pride
Nel corso degli anni, sono stati coniati nuovi termini e si è ridefinito il significato di altri per dare voce a tutte le identità presenti nella comunità LGBTQ+.
Questi termini hanno consentito alle persone della comunità di definirsi e di affermare la propria esistenza, in un processo di identificazione che passa anche attraverso il linguaggio.
Si tratta di parole nuove, a volte poco conosciute, il cui significato può essere confuso o ignorato.
A tal proposito, abbiamo costruito un alfabeto arcobaleno per chiarire il significato e la storia di alcuni termini e parlare in modo consapevole del mondo LGBTQ+
Oggi ci soffermeremo sul significato di Queer.
Queer è un termine inglese che si potrebbe tradurre con “bizzarro”, “strano”, “eccentrico”, ma anche “storto, obliquo”. Veniva usato per designare le persone omosessuali in un’accezione negativa e dispregiativa, equivalente dell’italiano “che*ca” o “fr*cio”.
Dopo i primi moti di liberazione degli omosessuali, quando all’interno del movimento iniziano a essere incluse anche le istanze delle donne lesbiche, delle persone bisessuali e transgender, iniziano a sollevarsi all’interno della comunità alcune critiche che vedono i termini “gay”, “lesbica” e “bisessuale” come frutti di una prospettiva eteronormativa e binaria, che rischia di racchiudere la persona in uno stereotipo limitante.
È in questo contesto che la comunità si riappropria del termine Queer, svuotandolo della sua valenza negativa e rendendolo un termine attraverso il quale autodeterminarsi come una persona che non si riconosce nel binarismo di genere e non vuole essere incasellata in una definizione strettamente legata alle proprie preferenze sessuali.
In altre parole, queer è un termine ombrello che indica tutte le sfaccettature dell’identità di genere e dell’orientamento sessuale e viene utilizzato da tutti coloro che non vogliono identificarsi in un’etichetta, non affermandosi né come etero/cisgender, né come transgender, omosessuali, lesbiche o di altri orientamenti e identità di genere.
Queer identifica anche un campo di studi sulle questioni legate all’orientamento sessuale e all’identità di genere, e sulle intersezioni che queste hanno con altre posizioni identitarie come la classe sociale o la disabilità.
Questi studi fanno riferimento a una “Teoria Queer”, nata ad opera della studiosa italiana Teresa De Lauretis, che si focalizza sulla messa in discussione dell’omonormatività, che definisce l’aspetto normativo ed escludente della cultura omosessuale creando un modello di riferimento a sua volta escludente di quelle soggettività che per diverse ragioni non si attengono a tale modello.
La “Queer theory” è dunque un campo di studi sulle sessualità lesbiche, gay, ma anche di impegno teorico-pratico in cui le esperienze delle persone non eterocis possano incontrarsi e intersecarsi tra loro per divenire terreno di discussione e rivendicazione comune.
La Teoria Queer cerca quindi di comprendere tutte le identità sessuali e di genere, sforzandosi di avere uno sguardo più ampio di quello etero-normativo che finisce per definire, per opposizione, anche chi non si riconosce nel binarismo di genere.
In sintesi, chi si definisce queer intende determinare una rottura con la norma eterosessuale e con la visione stereotipata delle identità non cis-etero, sottolineando la fluidità dell’identità sessuale e la complessità dei diversi aspetti che la compongono.
La bellezza di questo termine sta nella sua liquidità. La dimensione individuale è esaltata al massimo, e sono il corpo, il genere e il desiderio di ogni individuo a definire i margini della queerness: un’azione rivoluzionaria che rompe gli schemi normativi per una persona può essere estremamente ordinaria per un’altra, ma questo non inficia l’essere queer di nessuno.
Questo assunto deriva dal fatto che il concetto di norma sia molto variabile, e che dunque qualsiasi atto di rivoluzione e sovvertimento delle regole di genere sia valido. D’altronde, la teoria queer identifica il genere come un costrutto sociale, e dunque non come un “essere”, ma come un “fare” le “donne”, gli “uomini”, o le persone “queer”.
Si tratta allora di categorie sovraordinate di cui è possibile esprimere alcuni tratti e contaminarne altri, lanciando ogni giorno una sfida alla norma binaria ed etero-normata.
Pensare al genere come qualcosa di binario significa identificare il genere con le sole caratteristiche biologiche dell’individuo e definire lo spazio e il ruolo delle persone in base al dualismo “maschio” e “femmina” e a tutti i corollari e costrutti culturali che questi due generi portano con sè.
Al contrario, pensare al genere come qualcosa di non binario, significa rifiutare l’idea che esistano solo due generi, non ritenere il genere qualcosa di dato una volta per tutte, ma riconoscergli una certa fluidità che consente alle persone di scegliere come definirsi.
Definirsi queer vuol dire collocarsi al di fuori del mondo binario, aprendosi a nuove possibilità ed esprimendo la propria identità in modo libero e secondo il proprio sentire, mescolando elementi tipici delle identità definite ed esprimendo sé stessi aldilà degli stereotipi. Significa dissentire.
Di Erica Manta