Il tema dell’intervento preventivo o rieducativo dei disturbi della condotta è stato molto dibattuto negli ultimi decenni, alla luce del clamore sollevato dai media per fatti di cronaca in cui gli adolescenti mettono in atto agiti violenti, connotati da sempre maggiori brutalità, cinismo ed efferatezza rispetto al passato. Recentemente si è parlato di diversi fatti di cronaca, ad esempio l’omicidio di Willy Monteiro o della giovane coppia uccisa dall’ex coinquilino, ma delle tensioni sociali - in reazione ai più recenti DPCM per fronteggiare l’emergenza Covid-19 - che hanno portato a manifestazioni in molte piazze italiane, degenerate spesso in agiti violenti contro proprietà.
«Senza che io e Willy potessimo accorgerci di ciò che stava accadendo venivamo entrambi aggrediti da alcuni ragazzi [...]. Ricordo subito l’immagine di Willy steso a terra circondato da 4 o 5 ragazzi che lo colpivano violentemente con calci pugni. Il mio istinto di protezione mi spingeva a gettarmi addosso Willy per cercare di proteggerlo dai colpi che stava ricevendo [...]. Le mie richieste venivano nel vuoto tanto che io stesso venivo colpito da calci e pugni sempre dagli stessi ragazzi che avevano aggredito Willy».(Testimonianza di Samuele Cenciarelli, migliore amico di Willy, per Il Corriere)«Ho un vivido ricordo di un paio di loro, degli aggressori, che addirittura saltavano sopra il corpo di Willy steso a terra e già inerme» (Testimonianza di Samuele Cenciarelli, per Il Mattino)
Di fronte a tali avvenimenti ci chiediamo inevitabilmente come e perché si arrivi a compiere un simile atto. Ma ci siamo mai chiesti cosa si poteva fare per evitarlo? Cosa potremmo fare noi affinché gli adolescenti e i giovani adulti possano vivere in armonia con sé stessi e con gli altri?
Diversi autori (Novelletto, Biondo e Monniello, 2000) sostengono l’importanza di offrire agli adolescenti con disturbi del comportamento non solo un supporto psicoterapeutico individuale, ma anche un ambiente di soccorso, che permetterà il contenimento degli agiti distruttivi - compito in cui l’ambiente naturale (familiare ed extrafamiliare) ha fallito. Secondo gli autori, infatti, i comportamenti di opposizione, ribellione o rifiuto rappresentano il tentativo dell’adolescente di mobilitare l’attenzione dei sistemi familiare prima, ed extrafamiliare poi, all’interno dei quali il ragazzo ricerca la rassicurazione affettiva e il sostegno alle proprie capacità di simbolizzare da parte del genitore o di un altro adulto di riferimento. Non bisogna infatti dimenticare che, insieme alla spinta evolutiva (il crescente bisogno di autonomia e indipendenza) gli adolescenti vivono in quella terra di mezzo in cui hanno ancora un notevole bisogno del sostegno e della guida genitoriali.
Quando la famiglia e il contesto extrafamiliare non sono in grado di rispondere adeguatamente ai bisogni evolutivi dell’adolescente - spesso in uno scarico reciproco di responsabilità e di sovrapposizione confusa di ruoli – quest’ultimo può arrivare a manifestare con forza la rabbia verso tale fallimento, ricorrendo alla violenza fisica e ad agiti antisociali. Tali reazioni, proprio perché forti e inadeguate, spesso sono sufficienti a richiamare l’attenzione di adulti estranei all’ambiente naturale, che possono attivare quindi un ambiente di soccorso (ospedale, sistema giudiziario, sistema socio-assistenziale) i cui obiettivi prioritari di intervento saranno due: fornire un supporto psicologico all’adolescente e recuperare il suo ambiente naturale, in particolare il sistema familiare. Se invece i tentativi dell’adolescente non ricevono risposta dagli ambienti di soccorso, egli perde la speranza e sperimenta il dramma dell’ambiente assente (Carbone, Cimino, 2017), andando incontro alla frammentazione del sé (Kohut, 1971). Quando ciò accade, gli agiti violenti diventano afinalistici, sempre meno correlabili alla deprivazione ambientale che li ha causati, apparendo agli occhi degli adulti come gratuiti ed immotivati, e per questo sempre più incomprensibili.
Sentimenti di noia, vuoto e mancanza di significato dominano il mondo psichico dell’adolescente violento. Ciò accade anche a causa di rapporti con i pari sempre più caratterizzati da distanza emotiva, assenza di empatia, incapacità di comunicazione efficace. Inoltre, anche l’esposizione continuativa ad un mondo virtuale senza filtri, senza guide autorevoli - genitori o insegnanti - in grado di aiutarli nel distinguere tra esso e il mondo esterno, ha un impatto devastante sullo sviluppo psico-relazionale degli adolescenti.
Secondo Magda di Renzo (2007), spesso la violenza è priva di Eros: non è finalizzata alla difesa personale, alla protezione dell’altro o al riconoscimento di un proprio diritto o dovere, bensì è una violenza fine a sé stessa, priva di obiettivi sociali, educativi o relazionali. Colui che viene sopraffatto è visto come oggetto, e non un individuo sul quale scaricare il proprio senso di inadeguatezza. Quest’ultimo viene rimosso e trasformato in un agito violento, finalizzato ad affermare la propria supremazia sull’altro.
Quale potrebbe essere un modo efficace di rispondere ad una tale violenza? Secondo l’autrice, gli adulti di riferimento e il contesto sociale di questi ragazzi sono chiamati a contrapporsi con una “violenza” piena di Eros, ponendo limiti e confini per una buona convivenza sociale; devono tenere in considerazione che dietro ogni atto c’è un complesso mondo interiore ed emotivo con cui bisogna rimanere connessi, piuttosto che perdonarli o condannarli troppo in fretta. Ciò offre loro la possibilità di elaborare e riparare il danno, arrivando ad una possibile trasformazione interiore di cui sarebbero deprivati se fossero spinti alla sola rimozione dei pensieri penosi alla base del comportamento.
Spesso, gli adolescenti che agiscono con violenza fanno fatica a comprendere lo stato mentale ed emotivo dell’altro ed immedesimarsi in esso; oppure, al contrario, sviluppano e affinano tale abilità per sopraffare l’altro e dominarlo (Lonigro et al., 2014). L’utilizzo inappropriato di tale abilità si traduce in un’incapacità di mettere in atto, in entrambi i casi, comportamenti prosociali (Caprara et al., 2014). Il mondo psichico dell’adolescente rispecchia la società in cui è immerso, dove il senso e l’impegno civico sono sempre più assenti, infatti è sempre più raro che ci si impegni attivamente per prendersi cura di chi è in difficoltà, per ascoltare, condividere e dare conforto. Tutti noi - genitori, insegnanti, istituzioni - abbiamo il dovere di restituire importanza a tali valori. È necessario costruire una rete, agire precocemente fin dall’infanzia ed essere noi stessi portatori di prosocialità nei contesti quotidiani dei ragazzi, per accompagnarli e supportarli nella presa di coscienza di ciò che sono. In una sola parola, gli adulti devono essere guide e riferimenti per la crescita: soltanto con supporto ed empatia gli adolescenti potranno, a loro volta, responsabilizzarsi e relazionarsi adeguatamente al proprio contesto sociale.
di Valentina Di Nunzio e Samanta Staiola
Bibliografia
Caprara, G.V., Gerbino, M., Luengo Kanacri, B.P. & Vecchio, G.M. (2014). Educare alla prosocialità: Teorie e buone prassi. Pearson Italia, Milano-Torino.
Carbone, A., Cimino, S. (2017). Adolescenze. Itinerari Psicoanalitici. Magi Edizioni.
Di Renzo, M. (2007). “Il bullismo tra senso di inadeguatezza e onnipotenza”. Babele, 35.
Kohut, H. (1971). Narcisismo e analisi del Sè, Torino, Boringhieri, 1976.
Lonigro, A., Laghi, F., Baiocco, R., & Baumgartner, E. (2014). Mine reading skills and empathy: Evidence for nice and nasty ToM behaviours in school-age children. Journal of Child and Family Studies, 23 (3), pp. 581-590.
Novelletto, A., Biondo, D., Monniello, G. (2000). Adolescenti violenti. Milano, Francoangeli.
https://www.corriere.it/cronache/20_settembre_11/omicidio-willy-monteiro-colleferro-bianchi-caso-abd62dde-f413-11ea-8510-bc9735e39b6a.shtml
https://www.ilmattino.it/primopiano/cronaca/willy_monteiro_colleferro_come_e_morto_veramente_ordinanza_gip_giudice_oggi_9_settembre_2020-5452579.html